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Daniele Brancaleoni
D. Brancaleoni:L.Berio, Filologia Musicale: Sequenza VIII per Violino Solo
D.Brancaleoni: Tesi di Laurea Musicologia e Scienze dello Spettacolo
D. Brancaleoni :Gyorgy Ligeti Musicologia, Testo Critico
D. Brancaleoni: Dario Fo , Letteratura Teatrale Italiana, Testo Critico.
D. Brancaleoni: Ricerca su Geminiani Corelli "Fondo Piancastelli" Biblioteca Comunale di Forlė
D. Brancaleoni: Ricerca musicologica sulle "cante romagnole"
D. Brancaleoni: Ricerca su Giuseppe Secondo Paganini Forlė 1870-Firenze 1913
D.Brancaleoni: Recensione sul Convegno: ''leculturedell''Europadellaculture" Venezia 26-11-2010.
Eventi culturali: progetto "Tra colori e note.Musica dipinta -Dipinti in musica.
Progetto di ricerca teatrale S.Antonino 2014

D. Brancaleoni :Gyorgy Ligeti Musicologia, Testo Critico

 

Prefazione:

 

Ammetto la mia curiosità  per la musica elettronica quindi, attraverso lo studio della figura di Ligeti, cercherò dei collegamenti con tale materia (cfr. La musica Elettronica, Testi scelti e commentati da Henri Pousser ed. Feltrinelli 1976.). L’autore non ha sfruttato tale linguaggio se non come ricerca e confronto con altri compositori all’interno delle istituzioni musicali di Colonia e Darmstadt. Erano gli anni di Glissandi, Piece Eletronique e Artikulation (1957-58). Mi sento di poter affermare che Ligeti conserva velatamente tali influssi anche nel periodo centrale della sua produzione musicale cioè negli anni di Apparitions (1958-59), Requiem (1963-65) e Lux aeterna (1966) per motivi che esporrò in seguito.

 

Il contesto

 

Dopo il 1956, anno in cui Ligeti fugge dall’Ungheria e si rifugia in Austria e poi in RFT, la ricerca musicale è già molto avanti nella sperimentazione elettronica tanto che, parafrasando le sue parole, ne rimase incantato. A causa della cortina di ferro negli anni ’50, Ligeti ha vissuto ermeticamente una situazione paradossale in cui lo sviluppo dei media, che stava avvenendo in Occidente, in Ungheria non passava assolutamente. Il suo linguaggio musicale prima del 1956, la sua ricerca, prese strade che nel mondo del boom economico non furono considerate che solo di striscio. Mi riferisco per es. alle ricerche etnomusicologiche portate avanti da Ligeti (iniziate da Bartok e Kodaly dal 1905) sulla musica rumena, ungherese-balcanica tramite la quale oltre che a trascrivere a orecchio i rulli di cera prodotti da Bartok, acquisì gli spunti per le sue prime composizioni (cfr. Ballade und Tanz 1949-50).

Ligeti tornerà alla musica etnica per es. con il Trio per vl., cor., e pf. (1982), utilizzando riferimenti anche alla musica, africana e caraibica.

Massimo Mila (cfr. Breve storia della Musica pag.455 ed. Einaudi 1977) riferendosi a Gyorgy Ligeti scrive: “Ha pure praticato la musica elettronica, ma il suo straordinario illusionismo timbrico gli permette di conseguire i medesimi effetti sonori con strumenti come l’organo (Volumnia, 1962) o con l’uso cameristico di voci o strumenti associati ai rumori più eterogenei nel suo lavoro più noto, Aventure et Nouvelle aventures (1962 e 1965) per il quale ha escogitato una surrealistica, o dadaistica sceneggiatura.”

Il Dadaismo è stato uno dei maggiori elementi d’influenza su uno dei musicisti più in voga nel periodo in cui Ligeti compose Aventures e cioè a J. Cage. Quest’ultimo trovò in Rauchemberg l’ispirazione per “Silent”.

Robert Rauschenberg, massimo esponente del (New) dadaismo americano è stato amico e amante di Cage. Nel 1951 produsse una serie di quadri bianchi che cambiavano colore a seconda delle condizioni di luce dell'ambiente di esposizione. A proposito  dell’influenza del Dadaismo sulla musica del secondo dopoguerra anche Arman in “Chopin’s Waterloo”,(1961 Parigi, Centre Pompidou, Museè National d’Art Moderne) ci propone un archetipo della musica trasformato in oggetto fruibile  diversamente da come è stato concepito.

Anche Ligeti ma anche Mauricio Kagel (compositore di origine argentina che opera negli anni ’60 negli studi della WDR a Colonia) “… tende a trasformare l’evento musicale tradizionale in qualcosa d’altro che porta le risorse aleatorie della musica d’avanguardia verso esiti di sinistro umorismo in una vocazione rappresentativa che si accontenta di sfiorare il teatro senza prenderlo di petto” (cfr.M.Mila, pag. 454, op. cit.). Mi riferisco ad Aventure et Nouvelle aventures (1962-65) per Ligeti e Sur scène, Match e Phonophonie per Kagel (1962-65).

Andando ancora più a fondo nella morfologia del linguaggio di Ligeti troviamo mutamenti d’uso degli strumenti tradizionali e lunghe prefazioni (glossari sull’agogica) su come decifrare le indicazioni sulle partiture (crf. Strichquartett Nr.2, 1968.). Esplora altre possibilità sonore, senza trattare gli strumenti come oggetti scenici da “accarezzare”o “percuotere” ecc., così come sta avvenendo in molta musica di oggi.

Ligeti nel 1956 ci racconta“che…. si era accostato all’uso della nuova musica dopo essersi stabilito a Vienna nel 1956, e aveva partecipato alla discussione sull’uso delle tecniche seriali partendo dall’esigenza del loro superamento e da un rapporto di diversa natura con la materia sonora”(cfr. Storia della Musica M. Baroni pag.499ed Einaudi 1988).  Recatosi a Colonia, è subito dentro le stanze acustiche della WDR: dei magnetofoni in una stanza insonorizzata tramite i quali sovrapporre dei suoni. Sistemi a suo dire rudimentali e così poco soddisfacenti dal punto di vista della sincronizzazione di tracce (problemi che saranno superati in seguito con il progredire dell’informatica e con l’uso del “Click”), che dopo Artikulation lasciò definitivamente tale linguaggio. Gli esperimenti presso lo “studio per la musica elettronica” della WDR di Colonia continueranno senza di lui tramite l’apporto fondamentale di Stockausen che concepì in tale situazione la sua opera: Gesang der Juglinge im Feuerofen (1955). Oggi possiamo trovare Artikulation su youtube associata a immagini proprio in virtù del fatto che è Ligeti a parlarci d’impasti di caratteri sonori contrastanti e di “pseudo-morfismo con la pittura” citando T. Adorno a proposito della musica di Debussy e Strawinsky (cfr. E.Restagno pag.235 op. cit.). Finendo questa sommaria analisi della situazione musicale in cui Ligeti opera, posso affermare che la sua produzione può dividersi in tre parti:

 

  1. Gli studi presso il Conservatorio di Cluj e Budapest fino al 1956, le ricerche di tipo etnomusicologico di stampo bartokiano e l’acquisizione della sua granitica solidità nel campo della composizione classica seguendo i corsi di Farkas.

 

  1. Gli anni dal 1956 al ’78 con gli esperimenti presso la WDR di Colonia ed i contatti con i più importanti compositori Americani ed Europei: Stokausen, Boulez,Cage,Berio,Nono (per citarne alcuni). Le lezioni presso i Conservatori di Europa e USA fino al 1978 in cui compose Hungarian Rock, Passacaglia Ungherese per cemb. e Le Gran Macabre (1978).

 

  1. Gli anni dal 1978 con nuove composizioni e rimaneggiamenti delle opere più importanti. La composizione del trio per vl.cor. e pf.(1982). Particolarmente indicativi sono gli Études pour piano (libro I, 1985; libro II, 1988-94; libro III, 1995-2001) che nascono da fonti diverse come il gamelan  

(orchestra di strumenti musicali di origine indonesiana che comprende metallofoni, xilofoni, tamburi e gong; può comprendere anche flauti di bambù, strumenti a corda e la voce), le poliritmie africane, Bartók, Conlon Nancarrow e il pianista jazz Bill Evans. Altri lavori degni di nota in questa vena sono: il Concerto per pianoforte (1985-88), il Concerto per violino (1992) ed i Nonsense-Madrigals (su testi di Lear) per coro a cappella (1993). La più recente composizione di Ligeti è il Concerto di Amburgo per corno e orchestra da camera (1998-99, rivisto nel 2003). Ovviamente fino alla sua morte avvenuta nel 2006 Ligeti, si dedica quasi esclusivamente all’esecuzione delle sue opere in occasione di eventi importanti come Premi internazionali di Composizione da lui presieduti, ritiro di riconoscimenti alla carriera ecc.

 

Come si ricava dall’intervista con E.Roelke (op. cit.), Ligeti rimane al di fuori della fobia dei propri contemporanei Stokausen, Boulez e Cage riguardante la rottura con la cultura precedente. Anzi, per certi aspetti il fatto di essersi “fermato” dopo le innovazioni del suo linguaggio tra il ’56 e il ’78, lo fanno propendere verso forme compositive desunte dal passato (anche se non proprio alla maniera di L.Berio con Rendering) senza porsi il problema se siano nove o no.

 In Ligeti non troviamo la fobia del “nuovo” ma un precursore della musica di oggi orientata verso il ritorno alla melodia e al sistema tonale. Compositori più giovani di lui, come Jan Van der Roost, Johan de Meij tendono a rincorrere il mercato utilizzando prevalentemente il linguaggio musicale che è loro imposto. Alfred Reed (1921-2005) ne costituisce l’emblema. Alcune delle sue frasi più celebri, pronunciate durante i suoi corsi di music business, sono: ”You can't give away what you are trying to sell and expect to stay in business” (non potete lasciarvi scappare ciò che state cercando di vendere e credere di poter rimanere in affari). Dalla lettura di “Lei sogna a colori?” posso tranquillamente affermare che Ligeti non si è spinto a tanto pur avendo raggiunto un grande successo.

 

 

Biografia.

Per quanto riguarda la biografia posso tranquillamente riferirmi a “Lei sogna a colori?” di Eckart Roelcke, (op. cit.) dove troviamo notizie sulla sua vita di ragazzo nato in Transilvania nel 1923 a Dicsoszentmarton (oggi Tarnaveni), piccolo paese in bilico tra Romania e Ungheria; di famiglia ebrea perseguitata durante la Seconda Guerra Mondiale; studente presso il Conservatorio di Cluj e poi di Budapest ecc.

Leggendo l’intervista si deduce che Ligeti avrebbe voluto proseguire le ricerche sulla musica elettronica ma le autorità della città di Amburgo non gli concessero i finanziamenti necessari a causa della loro ignoranza in materia (Eckart Roelcke, pag.97 op. cit.). Ligeti descrive il modo di lavorare con l’elettronica: “Suoni sinusoidali che volevo riunire in un unico strato” (Eckart Roelcke, pag.95 op. cit.) [per la scomposizione analitica del suono, si veda il saggio G.Alietti “La musica elettronica” pag.69 op. cit.]. Tale affermazione conferma la tesi citata da M. Mila sull’origine del metodo compositivo di Ligeti dai suoi tre pezzi elettronici (di cui riconoscerà solo Artikulation). Ligeti prosegue affermando:"Continuai però a perseguire l’idea “Costruttiva”alla base di quella composizione [nda. Artikulation].Mi concentrai sulla musica per orchestra, a cominciare da Apparitions, dove misi a frutto le esperienze con gli strati molteplici che avevo fatto nello studio.”. Erano gli anni in cui viveva a Vienna (fino al 1969) dopo essere stato a Colonia tra il 1957-58. Qui mi fermo perché tutto il libro è ricchissimo di testimonianze dirette da parte del compositore sulle ragioni delle sue scelte linguistiche e professionali.

Fondamentale per la sua popolarità sono le musiche che il regista Stanley Kubrick trasse da Requiem, Lux aeterna e Atmosphères per il suo 2001: Odissea nello Spazio.

Le opere.

 Essendo il mio un breve lavoro monografico mi limiterò ad analizzare due composizioni: Streichquartett n.2 e Hungarian Rock per clavicembalo. Il quartetto riassume gli aspetti del linguaggio del secondo periodo (1956-78) mentre l’Hungarian Rock lascia presagire quello che oggi si riflette nel superamento della fobia del nuovo e nei confronti del pop americano e di altre forme come la musica leggera da parte della musica colta. Hungarian Rock è stato per Ligeti anche l’inizio di un ritorno al primo periodo in chiave “contemporanea”. 

 

 

Gyorgy Ligeti Strichquartett n.2 1968

Con la scelta del genere del quartetto d’archi, Ligeti si rapporta con Bartok che a sua volta si richiama all’ultimo Beethoven. Afferma che con Farkas “Dovevo anche scrivere pezzi in stili diversi. Mi piacevano molto questi esercizi stilistici: comporre rondò nello stile di Couperin o Rameau, oppure un minuetto nello stile di Haydn. L’imitazione di un quartetto per archi doveva avere la tipica condotta delle parti.” (cfr. Eckhard Roelcke pag 51 op. cit.)

La poetica che troviamo nel II quartetto celebra l’agogica, il “Gesto” Bartokiano, dove per es. troviamo termini come pizz, arricchiti da”al pont” e il cosiddetto pizzicato bartokiano. In Ligeti l’uso dell’arco è un’evoluzione di quello Bartokiano. Ex novo introduce la micro polifonia: l’uso dei quarti di tono, un reticolo di linee minutamente addensate in un tessuto inestricabile e variegato.  Siamo completamente al di fuori della serie. Assistiamo alla fine della riconoscibilità di una benché minima ripresa tematica. Un altro elemento di novità è l’introduzione della macchina ( cfr. Poéme Simphonique per Cento metronomi 1962): meccanismo come citazione di un qualcosa che parte sincrono e che gradualmente porta l’ascoltatore da una realtà a un’altra, senza che questi nemmeno se ne accorga.Nel 3° mov. del IV quartetto di Bartok troviamo qualcosa di simile unicamente all’ascolto senza cioè fare ricorso alla partitura. Per l’analisi prenderò ad esempio lo schema proposto da Gianmario Borio all’interno del testo “Ligeti” curato da E.Restagno (op. cit.).

 

1° Tempo Allegro nervoso

Stile contrastante. Il pezzo inizia con una corona di 8-10 secondi con l’indicazione agogica Senza tempo silenzio assoluto ca 8-10”. Poi, la seconda battuta: ex a brupto Allegro nervoso pizz. Sul pont La prima battuta è quasi una provocazione alla J. Cage in cui gli esecutori, dopo essere entrati in scena si assestano, “alzano” gli strumenti e non suonano per 10 secondi. È codificata dall’autore anche questa fase che tutti usano per portare l’attenzione del pubblico sull’”evento concerto”, il “climax”.La seconda battuta, il massimo dell’impulso: un pizzicato al ponticello di 1° vl., vla. e vcl. “ex a brupto”: improvvisamente. Forse la cellula, o meglio il “Gesto” del primo tempo si riassume in queste due battute. Addirittura nella seconda battuta avviene un altro contrasto: il 2° vl. Suona “a rovescio” degli altri: punta d’arco ppp un armonico artificiale tremolo alla punta. Il colore, il Gesto è definito nei minimi dettagli, tanto che il pizzicato è arricchito del colore del 2° vl. che rimane come un riverbero in lontananza. Qui mi riallaccio al discorso di M. Mila che propone Ligeti come grande conoscitore dell’uso della strumentazione, grande sperimentatore, creatore del suono con tutti i suoi effetti desunti dall’elettronica come ad esempio la fusione di un pizz. con un armonico nella sua in udibilità. Così come avviene nella creazione di un effetto tramite un distorsore o di un programma informatico di correzione/fusione del suono. Uno shock iniziale da cui scaturisce il sound delle battute seguenti dove gli strumenti, che hanno pizzicato, s’innesta nel tremolo del 2° violino. Un procedere a strati che ingrossa la scrittura ( non il volume di suono) fino a un altro shock della batt.15 ecc.

Qui mi fermo pensando di aver reso l’idea di come Ligeti abbia impostato il lavoro: sui contrasti di suono, amplificati anche da repentini cambiamenti di tempo. Tutto termina con batt.87 con un morendo al niente di 1° e 2° vl. e una battuta coronata simile a quella dell’inizio. Simile ma non uguale. In Ligeti (quando compone in questo suo stile) non si può parlare di una “ripresa” di un tema o di un qualcosa in maniera uguale, infatti non appare la scritta silenzio assoluto ca 8-10” , e gli strumentisti terminano il 1° movimento presagendo l’entrata nel 2°, mettendo la sordina.

G.Borio, nella sua analisi (AA.VV: Ligeti op. cit.)  a proposito di questo 1° movimento, oltre ai riferimenti bartokiani del IV e V quartetto, cita un’altra opera di Ligeti:”Dies irae” nel Requiem (1963-65) dove ritroviamo un linguaggio molto simile: l’indicazione sulla partitura “subito molto agitato” che  ricorda il pizzicato della prima battuta del II quartetto,la micro polifonia, i forti contrasti ecc.

2° Movimento: Sostenuto, molto calmo.

Stile statico. L’inizio: un’ innervazione nel finale del movimento precedente. Il suono parte dal pp con sordina con una specie di canone. Del canone ritroviamo solo l’entrata sfalsata degli strumenti e non certamente la specularità delle voci e le regole quali l’imitazione. Gli strumenti suonano sulla tastiera e senza vibrato in modo che i cambi di nota sono quasi impercettibili. Addirittura Ligeti utilizza unisoni eseguiti dallo stesso strumento su corde diverse mutandone così esclusivamente il timbro e non l’altezza. Le altezze cambieranno in seguito con l’uso dei quarti di tono. Sono definiti completamente l’uso dell’arco, l’intensità dei ribattuti ecc. A batt.45 possiamo ritrovare un feroce,legatissimo sub.fff ( anche in questo caso feroce contrasta con legatissimo?) che ci ricorda passaggi del primo movimento. Altro elemento importante che scaturisce dall’analisi è il riferimento ad “Apparitions” e “Atmospheres” (1959-1961).L’inizio del movimento ci riporta anche a”Lux Aeterna” per coro misto a cappella in cui le voci attaccano a canone.

 

3° Movimento: Come un meccanismo di precisione.

Meccanismo. Troviamo lo sfasamento ritmico grottesco del tutto simile per es. a quello prodotto dai cento metronomi di Poeme Symponique e al 3° movimento del Concreto da camera per 13 strumentisti (1969-71). Tal effetto è prodotto dalla diversità delle figurazioni ritmiche dei quattro strumenti che eseguono gruppi ritmici irregolari verticalmente sovrapposti . Settimine su sestine ecc., cambiamenti di tempo, accelerandi, il tutto corredato da un dettagliato glossario. Il meccanismo è prodotto anche dall’uso del pizzicato simile al battito di un metronomo a pendolo. Anche questo movimento termina con silenzio assoluto.

4° Movimento: Presto furioso,brutale,tumultuoso.

Minaccioso. L’inizio esplode con accordi eseguiti in giù al tallone in stile, bartokiano (cfr. 5° movimento del IV quartetto di Bartok). Ligeti utilizza a differenza di Bartok anche continui cambiamenti di tempo, momenti di stasi con suoni tenuti (cfr. batt.33-36) ed esplosioni sonore di omoritmie velocissime (cfr. 37 ecc.). Anche in questo caso la chiusura del brano è sul  silenzio assoluto, ca 10”. Proprio come all’inizio del 1° movimento.

5° Movimento: Allegro con delicatezza.

Superficie sonora. Il colore ricorda quello del 2° movimento, anche se il meccanismo dell’inizio può essere una rivisitazione del 3°. Anche in questo movimento i procedimenti compositivi di Ligeti si basano sul concetto della “variazione continua”: un susseguirsi di episodi e di shock. Ligeti stesso afferma:”I cinque movimenti sono connessi tra loro in modo sotterraneo, ci sono corrispondenze segrete, quasi rime, tra i dettagli contenuti nei movimenti; tutti i movimenti sono per così dire presenti in ogni momento.” (AA.VV. pag161 op.cit.)

 

Gyorgy Ligeti: Hungarian Rock, Chaconne.(1978).

Questo breve componimento evidenzia chiaramente una forma di metamorfosi/variazione di motivi dentro una Ciaccona. Il principio della variazione continua è accolto da Ligeti ed elevato all’ennesima potenza. Il sistema del rock è una ripetizione di 4 batt. più 4 batt. con variante sul finire dell’ottava batt. Il tutto ripetuto almeno tre volte. L’unica variazione avviene sul testo cantato che comunque ha un carattere prevalentemente ritmato: il ballato Rock and Roll. Con l’accostamento delle parole del titolo Ligeti esprime l’essenza della sua poetica: l’accostamento di caratteristiche diverse che in questo caso non è prodotta dall’uso di timbriche che s’impastano ma da generi distanti anni luce tra loro come la Ciaccona e il Rock. L’emblema ne è il ritmo. La Ciaccona utilizza l’impulso ternario mentre il Rock è binario, però sono entrambi ballabili. Nell’Hungarian Rock di Ligeti la mano destra si evolve innervandosi in sequenze a mo’ di variazioni continue mentre il “basso” è un ostinato. La scrittura è cembalistica per quanto concerne l’uso degli abbellimenti, non lo è per quanto riguarda l’armonizzazione del basso (rigorosamente non numerato).Quando pensiamo al folk ungherese, pensiamo al ballo, alla danza, alla Czardas dal ritmo incalzante e frenetico così come per il rok pensiamo al Rock and Roll anni ’50 che deriva dal Country nato in America - Inghilterra negli anni ’30 non così antico come le danze ungheresi.

Il brano termina con una cadenza o meglio su un “pedale”, rallentando il tempo fino a fermarsi e dissolversi del tutto su di un accordo tenuto. Posso affermare che il finale ci riconduce al Ligeti che conosciamo di più.

Bibliografia:

 

  • Eckart Roelcke: Gyorgy Ligeti a colloquio con Eckart Roelcke “Lei sogna a colori?” Ed.Alet  2004
  • AA.VV, Ligeti, a cura di Enzo Restagno, EDT, Torino 1985.
  • M. Baroni, Storia della Musica ed. Einaudi 1988
  • Breve storia della Musica ed. Einaudi 1977
  • M. Gervasoni “Le armi di Orfeo”; ed. La nuova Italia, Milano 2002
  • Tullia Magrini, Universi sonori Introduzione all’etnomusicologia. ed. Einaudi 2002
  • La musica Elettronica, Testi scelti e commentati da Henri Pousser ed. Feltrinelli 1976
  • Ligeti, Streichquartett  Nr. 2 ed. Schott
  • Béla Bartòk, Streichquartett Nr.4
  • Ligeti, Hungarian Rock ed. Schott

 

Fonti d’ascolto

 

 
News
Č docente di Violino presso il Conservatorio G.Rossini di Pesaro.

Conservatorio G. Rossini, Pesaro 2023.


Sala della Provincia, Pesaro 2023


Pagnacco, 2015

 

 



 
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